Ci dicono che esiste l’invisibile mano del mercato.
Questa dovrebbe regolare anche il livello degli stipendi per cui è “normale” che in assenza di lavoro, ci sia una riduzione dei redditi.
Questo concetto però sembra non valere al contrario.
Prendiamo il caso bresciano, secondo Confindustria, nel 2023 la disoccupazione è al 3.4%, in riduzione rispetto al già basso 4.1% del 2022. A Brescia siamo cioè a livello di disoccupazione frizionale, ovvero una disoccupazione non riassorbile e fatta da gente che per varie ragioni non può entrare nel mercato ( perché non vuole, perché si sta prendendo una pausa tra un lavoro o l’altro, perché non ha gli skill necessari o per una qualsiasi ragione).
Del resto la cosa è comprensibile pensando che Brescia è il terzo polo industriale italiano dopo solo capoluoghi di regione come Milano e Torino. A cui si aggiunge il turismo dei laghi e un settore agricolo di tutto rispetto (dal Franciacorta all’allevamento).
Ci si aspetterebbe quindi che i lavoratori bresciani abbiano stipendi maggiori in Italia.
Invece qui la sorpresa: come stipendi è 29 esima. Ovvero non poche posizioni rispetto alla sua posizione nell’industria.
Sembra quindi che la legge di domanda offerta non sia rispettata nella provincia di Brescia.
Senza una organizzazione sindacale forte, senza una rappresentanza politica dei lavoratori e senza coscienza di classe dei lavoratori non basta la fantomatica mano del mercato nelle trattative tra lavoratori e imprese. I lavoratori restano elemento debole che non riesce a farsi valere neanche quando hanno dalla loro la “legge del mercato”.
FILOMENO VISCIDO