“I POPOLI IN RIVOLTA SCRIVONO LA STORIA”: UN INTERESSANTE DIBATTITO A BRESCIA

Il 30 giugno 2024, presso l’ Arena del Parco Castelli a Mompiano, organizzata da “Potere al Popolo!” e dal Collettivo N.N. di Brescia, si è tenuta la presentazione dell’ opuscolo “La Questione Palestinese e noi”, edito dall’ Ex-OPG “Je So’ Pazzo” di Napoli.

Dinanzi ad un attento pubblico in prevalenza giovanile,  hanno dialogato tre rappresentanti di alcune realtà politico-culturali: Lorenzo Fiorentino dell’ Ex OPG nonché componente del Collettivo Autorganizzato Universitario di Napoli, Marta Cremaschi dell’ associazione “Studenti Per” di Brescia e Mariam Ghassan dell’ associazione “Giovani Palestinesi d’ Italia”, una delle più impegnate animatrici delle manifestazioni di protesta contro l’ orrenda situazione a Gaza. 

Lorenzo Fiorentino ha brevemente illustrato gli obiettivi dell’opuscolo, pensato per aiutare a conoscere i fondamentali aspetti delle tragiche vicende che da ormai più di settanta anni caratterizzano la storia della Palestina. In questo senso, il volumetto “La Questione Palestinese e noi” vuole essere uno strumento agile per contribuire a rompere il muro mediatico che dal 7 ottobre 2023 impedisce di cogliere le reali problematiche all’origine della catastrofe attuale. Ciò è tanto più importante, quanto più si assiste al riaccendersi di una coscienza emotiva nell’ ultima generazione studentesca, sia universitaria sia delle scuole secondarie superiori, profondamente turbata dalle immagini terrificanti che in rete si susseguono mostrando l’orrore scatenato nella Striscia di Gaza dalla cosiddetta “Forza Israeliana di Difesa”, in realtà uno dei più potenti eserciti del mondo, indottrinato, fanatizzato e spietato. Quanto sta accadendo, a giudizio dell’attivista del Centro Sociale di Napoli, costituisce non solo il punto finale di ricaduta del sionismo, una forma esasperata e particolare di nazionalismo imbevuto di elementi mistico-religiosi, ma anche un momento di svolta storico che ci dice molto di cosa sia diventato l’Occidente più pericoloso e violento.  

Mariam Ghassan ha sostenuto che quel che avviene e continua ad avvenire a Gaza, può essere definito “genocidio”. In pochi mesi sono state ammazzate oltre 37.000 persone, (senza conteggiare le migliaia di “dispersi”), per la maggior parte civili, incluso un numero impressionante di bambini e donne, non miliziani né simpatizzanti di Hamas; sono state annientate tutte le infrastrutture, dagli ospedali alle scuole, dalle fonti energetiche a quelle idriche; la popolazione è ridotta alla fame; centinaia e centinaia di migliaia di persone hanno visto la loro casa distrutta e sono costrette dall’ IDF a vagare nella Striscia o addirittura verso il deserto del Negev. Marta Cremaschi ha ricordato anche l’impressionante tasso di suicidi che ormai si verificano tra i bambini palestinesi sconvolti dalle condizioni in cui si trovano a sopravvivere.  

I relatori sono stati concordi nell’ evidenziare tre elementi che contraddistinguono la fase attuale.

Il primo è quello della de-umanizzazione dell’“altro”, in questo caso il Palestinese, che si manifesta purtroppo nei Paesi occidentali.

Di fronte alla tragedia che sta vivendo il popolo di Gaza, non c’è risposta, se non quella di una freddezza cinica, di un distacco a-emozionale, della mancanza di compassione. Per coloro, e non sono pochi, anzi, che vogliono negare l’evidenza, cioè le responsabilità delle feroci soldatesche israeliane, così come la volontarietà dei loro atti e la realtà dei loro crimini; per coloro che non provano orrore dentro di sé, empatia con il dolore, semplicemente i Palestinesi non sono esseri umani e una morte atroce “se la sono meritata”.

Questo fenomeno è qualcosa di nuovo. Non è razzismo nel senso classico della parola, né odio politico di contrapposizione tra Destra e Sinistra. Qual è allora la linea di demarcazione? Una demarcazione strana, di natura ideologico-religiosa. Si tratta di un razzismo che potremmo definire neo-coloniale post-moderno, che viene dopo la modernità del razzismo ottocentesco e novecentesco con le sue basi di documentazione pseudo-scientifica, che fissava i caratteri di una inferiorità biologica eterna di alcuni popoli rispetto ad altri (colore della pelle, caratteristiche somatiche, svantaggio tecnologico, ecc.). No, niente di tutto questo per quanto riguarda i Palestinesi. Il razzismo nei loro confronti nasce dalla identificazione del Palestinese in quanto tale con il musulmano estremista radicale che vuole distruggere l’Occidente. Perciò gli eredi delle “grandi civiltà classiche” affidano alle soldataglie dell’IDF il compito di costituire la prima linea di difesa, oltre che della “tradizione ebraica” naturalmente, anche della propria “tradizione”. Perciò decine di migliaia di bambini, donne, vecchi palestinesi possono morire tra le più atroci sofferenze. Perciò possono essere ammazzati a caso. Il processo di demonizzazione nei confronti dei Palestinesi si è insomma pienamente compiuto.

L’altro aspetto approfondito dai tre relatori è il ruolo cruciale svolto dall’ informazione in questa vicenda. Marta Cremaschi ha rilevato la mancanza nei mass-media ufficiali (grandi quotidiani, telegiornali, trasmissioni d’ inchiesta) di notizie precise, complete e coerenti su ciò che sta succedendo a Gaza. Mariam Ghassan ha fatto notare il peso delle parole. Il vocabolo “genocidio” è stato espunto dal lessico del main-stream, al massimo si può parlare di “crimini” commessi da alcuni soldati israeliani, ma ancora più genericamente è meglio, per i giornalisti di Sistema, parlare di “effetti collaterali del conflitto”, “conseguenze inevitabili della guerra in corso”. Lorenzo Fiorentino ha affermato quindi che alla violenza materiale scatenata dall’ IDF nei luoghi della Palestina, si aggiunge una violenza più subdola, quella delle parole ipocrite dell’Occidente.  Il circuito web, pur con tutti i rischi di falsificazione che esso comporta, è allora rimasto l’unico su cui possono passare frammenti reali dell’orrore nella Striscia. Sono immagini nude e crude che parlano da sole, che non hanno bisogno di commenti, che mostrano ciò che i più deboli, gli oppressi sono costretti quotidianamente a subire. Ma questa verità fa paura al governo israeliano, tanto che alcune piattaforme di informazione indipendenti  sono state oscurate. Una forma più sottile di censura è quella esercitata su Facebook e su Instagram, al cui vertice aziendale si trova d’altra parte un sionista convinto come Marc Zuckerberg, che- non potendo oscurare tutto- ostacola la circolazione delle immagini vere sulle atrocità in Palestina e spinge per la condivisione di raffigurazioni edulcorate create dall’ AI (Intelligenza Artificiale), come la famosissima “All Eyes on Rafa”, che ha riscosso comunque milioni di condivisioni.

L’ importanza dello scontro che si sta svolgendo sui social-network è stato subito colto dall’ IDF, che ha costruito, con un apposito piano di ricerca, una propria rete di siti e di pagine dedicate ad esaltare il ruolo di Israele come baluardo dell’Occidente, alimentando on-line perfino sedicenti “collettivi comunisti” filoisraeliani con il compito di veicolare la propaganda sionista più estrema. Lorenzo Fiorentino, inserendosi in questo filone della riflessione, ha focalizzato l’attenzione sul divario generazionale ormai creatosi tra figli e padri rispetto alla consapevolezza della tragedia di Gaza. Mentre i primi infatti sono decisamente orientati verso l’informazione visiva e di forte impatto emotivo che è ancora possibile reperire sulla rete, i secondi basano molto di più la propria informazione sulle notizie fornite dai grandi quotidiani. Fiorentino ha citato come caso emblematico di mistificazione dei fatti il titolo del confuso articolo dedicato da “la Repubblica” (incrociatore della carta stampata “progressista” con direttore e presidente del CdA ebrei) alla cosiddetta “Strage del pane” di Rafah perpetrata dalle soldatesche dell’ IDF ma fatte passare per conseguenza di una “ressa” tra la popolazione accalcata in attesa di un po’ di cibo.

Ma soprattutto preoccupante è la tendenza dell’informazione di Sistema a far passare qualunque forma di protesta contro lo scatenamento della cieca violenza dell’IDF in Palestina come “antisemitismo”. Un altro plastico esempio in questo senso, secondo Lorenzo Fiorentino, è stato fornito dalla contestazione avvenuta all’ Università di Napoli, che ha avuto come protagonista sempre il direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari, il quale ogni giorno gode, per sostenere le sue posizioni allineate alla propaganda israeliana, delle casse di risonanza fornitegli, oltre che dal quotidiano di cui è direttore, dai numerosi talk-show televisivi che frequentemente lo vedono gradito ospite. Ebbene, dinanzi alla protesta degli studenti dell’Ateneo per l’ulteriore palcoscenico che gli veniva offerto, la risposta è stata quella di atteggiarsi a vittima della violenza antisemita di gruppi estremisti, in ciò supportato dal coro di riprovazione a suo favore del main-stream e finanche del Presidente della Repubblica.

Avviandosi alla conclusione i relatori hanno individuato un ultimo elemento-chiave della tragedia in atto: l’ “intersezionalità”. La lotta del popolo palestinese per un’esistenza libera, indipendente, rispettata e non calpestata e derisa, è oggi una lotta per tutti i diritti, che accomuna tutti gli oppressi, gli emarginati e gli sfruttati del mondo. In questo senso, come ha rimarcato Marta Cremaschi, suscita amarezza l’estraniarsi dal movimento di sostegno alla causa palestinese da parte degli ambientalisti, delle femministe, del mondo Lgbtq+, realtà chiuse ciascuna nella propria “bolla di competenza” e propense semmai  ad esprimere simpatia nei confronti della presunta “democrazia” israeliana che utilizza vetrine come i Gay Pride e i Film Festival Lgbtq+ di Tel Aviv per accreditarsi un’immagine di accoglienza e rispetto della diversità, nel solco della più aperta modernità occidentale.

Insomma il quadro è fosco, la situazione tragica e di difficilissima soluzione. Ma il dovere dell’ opinione pubblica più consapevole, dinanzi al susseguirsi dei folli annunci del governo israeliano di invasioni di terra ed evacuazioni  di massa senza un piano né uno sbocco, è quello di esercitare ogni pressione per l’ ottenimento al più presto di un “cessate il fuoco!”. Lo esige  un semplice senso d’ umanità

FILIPPO RONCHI