I SENZA CASA A BRESCIA

L’esito del bando cittadino, chiuso a giugno 2024, per l’ assegnazione degli alloggi SAP (Servizi Abitativi Pubblici, ex-case popolari) ha sancito ufficialmente e definitivamente, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che a Brescia la mancanza di abitazioni per le famiglie povere non è un’ “emergenza temporanea”, ma un fenomeno strutturale che si colloca all’interno dei meccanismi di un sistema avviato, non in una metropoli degradata ma in una città di medie dimensioni fra le più ricche del mondo, ad alimentare ingiustizie e contrasti sociali. A causa di decenni di totale assenza di politiche per la casa degne di questo nome, di investimenti insufficienti persino per la manutenzione ordinaria e della svendita all’asta di alloggi pubblici, il patrimonio di edilizia sociale è in decadenza e del tutto insufficiente.

Così il diritto alla casa- richiamato nell’ art. 47 della Costituzione italiana, presente nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’ Uomo (art. 25), nella Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali  (art. 31) e perfino nel Trattato di Lisbona (art. 34.3), uno degli atti istitutivi della UE- a molti cittadini è negato anche a Brescia e nel Bresciano. Esiste infatti una fascia di nuclei familiari sempre più vasta con una capacità economica che ormai non consente di sostenere un affitto o un mutuo sul mercato abitativo privato, ma che non riesce ad accedere neppure ad un servizio abitativo pubblico. Il sistema delle case popolari, pur essendo un pilastro fondamentale per il supporto alle famiglie in difficoltà, è giunto a un collasso che impedisce oggi e tanto maggiormente impedirà in futuro di rispondere alla crescente domanda dovuta all’ impoverimento del fu ceto medio , se non si interviene con provvedimenti radicali.

Il bando di Brescia in questo senso è esemplare.  Era rivolto alle famiglie con Isee inferiore a 16.000 euro. Le domande presentate sono state più di 1.300, ma le unità abitative disponibili sono risultate appena 115, di cui 55 di proprietà del Comune di Brescia, una del Comune di Collebeato e 59 della tristemente nota Aler (Azienda lombarda per l’edilizia residenziale). I bandi emanati nel resto della provincia non hanno avuto esiti migliori con un rapporto domanda-offerta oscillante tra le 10 e le 20 richieste per 1 unità abitativa disponibile!

Da notare che a Brescia in particolare, delle oltre già citate 1.300 domande, 342 avranno priorità nell’assegnazione in quanto presentate da nuclei familiari in condizioni economiche di indigenza (cioè con Isee inferiore addirittura a 3.000 euro!). Erano state individuate inoltre come ulteriore categoria di grave rilevanza sociale le famiglie che, alla data di presentazione della domanda, si trovavano già a carico del “Progetto di contenimento sfratti del Comune di Brescia”. Per completare il fosco quadro, ricordiamo infatti che sempre il Comune di Brescia aveva deciso di attivare un Servizio Abitativo Transitorio (SAT), mettendo a disposizione temporaneamente alcuni alloggi per quei nuclei familiari in assoluta urgenza di sistemazione in quanto colpiti da sfratto o pignoramento della casa in cui si trovavano in precedenza.

Si dice che lo squilibrio tra domanda e offerta riflette una tendenza regionale e che nel resto della Lombardia la situazione non è certo migliore. Vero. Ma il ragionare basandosi in sostanza sul proverbio “mal comune mezzo gaudio” non è sicuramente un modo serio per affrontare il problema. Tanto più che i conti non tornano per vari motivi. Le case popolari disponibili sono poche, eppure ce ne sarebbero in tutta la regione. Anche qui, Brescia costituisce un caso esemplare. Nonostante la grande necessità di abitazioni e migliaia di famiglie le quali per anni attendono bandi che assegnano alloggi con il contagocce, si scopre che nel capoluogo e nella provincia ne esistono 1.264 dell’ Aler vuoti per i più svariati motivi: carenza manutentiva, lavori di ristrutturazione, “valorizzazione o vendita” (!), “sfitto recuperato”, ecc.. Una situazione paradossale.

Non solo. C’è una ulteriore, inquietante considerazione generale da fare.  Brescia, nel 2024, conta 199.531 residenti, 3.381 in più rispetto al 2018. Eppure il patrimonio immobiliare totale è aumentato da sei anni fa ad oggi di oltre 8.800 abitazioni. E’ evidente che siamo di fronte a speculazioni edilizie degli investitori del mattone o/e a operazioni di riciclaggio, con la conseguenza di un enorme consumo di suolo, mentre il problema delle abitazioni rimane.

D’ altra parte, rispetto alla questione dell’edilizia popolare, le dimensioni di intervento regionale e comunale si intrecciano strettamente.

A tale proposito, per il blocco reazionario di ultradestra formato dai leghisti, dagli eredi del neofascismo del Movimento Sociale Italiano e dai nostalgici di Berlusconi, dominante a Palazzo Lombardia ed all’ opposizione in Loggia, il problema dell’ edilizia popolare semplicemente non esiste, semmai vi è quello- come dichiarato dal governatore Attilio Fontana-  di “una certa fascia sociale che si trova in difficoltà perché non rientra nell’edilizia sociale e fa fatica a stare sul mercato privato”, per la quale si pensa ad  “iniziative coinvolgendo fondazioni private e istituti bancari”, guarda caso.

L’ opposizione liberaldemocratica, costituita principalmente dal PD in Regione, ha annunciato invece di essere al lavoro per presentare entro l’autunno   una proposta di legge sui servizi abitativi pubblici e privati che ne renda più semplice l’assegnazione, come se il problema fondamentale fosse quello delle procedure burocratiche. Inoltre auspica che il pubblico si faccia carico della ristrutturazione delle case SAP, oltre ad ipotizzare un non meglio precisato “accordo tra Regione, aziende, sindacati e banche” che “potrebbe” portare a destinare fino a 5.000 alloggi vuoti all’ anno. Quanto al mercato libero, i liberaldemocratici si ingegneranno a studiare un meccanismo che preveda la calmierazione dei canoni d’affitto per le famiglie, “ma anche” (nella miglior tradizione del PD) garantisca le esigenze di guadagno dei privati…

Per affrontare una situazione così grave come quella finora delineata è necessario tuttavia un approccio multiplo che si fondi su provvedimenti decisi e chiari, in grado di determinare un vero cambio di rotta rispetto alle politiche abitative seguite negli ultimi decenni. Le proposte in questa direzione non mancano, sono state da tempo elaborate nell’ambito dell’ opposizione della Sinistra di Alternativa e “Potere al Popolo!”  ha contribuito a costruirle e condividerle.

A livello regionale si deve abolire la Legge 8 luglio 2016 , n. 16- che è all’origine del problema poichè di fatto privatizza la gestione dell’edilizia popolare pubblica, non dà una risposta al fabbisogno abitativo e colpisce i ceti sociali più disagiati- sostituendola con una adeguata normativa in materia; destinare il 2% del bilancio della Lombardia all’edilizia residenziale pubblica; ristabilire l’assegnazione sulla base della composizione del nucleo familiare, della situazione economica e della precarietà abitativa, senza pesanti discriminazioni tra vecchi e nuovi residenti, con particolare attenzione ai nuclei con minori, anziani e disabili a carico; regolarizzare anche i nuclei familiari che hanno occupato in stato di necessità, garantendo il passaggio da casa a casa per chi ha fatto domanda di alloggio popolare; aumentare i fondi di sostegno all’affitto per i redditi bassi e per morosità incolpevole; varare un piano casa da 100 mila abitazioni di edilizia popolare pubblica tramite assegnazione immediata e, laddove necessario, ristrutturare gli alloggi vuoti del patrimonio pubblico inutilizzato e delle aree dismesse; costituire un Fondo di sostegno per la morosità incolpevole delle famiglie insolventi sul mutuo.

Anche a Brescia l’ amministrazione locale può agire prevedendo l’ introduzione di una tassazione delle case che restano immotivatamente sfitte; ponendo una moratoria degli sfratti nelle case di edilizia popolare per le famiglie senza reddito o in difficoltà economiche; consolidando ed ampliando il sostegno all’affitto per le famiglie nella stessa condizione in affitto da privati. Altri provvedimenti da prendere sono un piano di ristrutturazione del patrimonio immobiliare di edilizia pubblica di proprietà comunale attualmente abbandonato o fatiscente; l’ istituzione un “Tavolo permanente per la casa” comprendente Comune – Aler – Prefettura – Associazioni per il Diritto alla Casa; il ripristino del portierato sociale al fine di dotare gli immobili condominiali di edilizia residenziale pubblica/popolare di un portiere assunto dal Comune/Aler, che sia presidio di controllo e legalità a tutela di tutti i condomini.

Le risorse per attuare questi piani ci sono. Ricordiamo che la Lombardia è la seconda regione europea per dimensione del Prodotto Interno Lordo: 440 miliardi di euro nel 2022. E che il bilancio regionale del 2023 prevedeva entrate per 26 miliardi di euro, mentre quello del Comune di Brescia 335,8 milioni di introiti. I soldi se li si vuole trovare ci stanno per finanziare progetti di intervento pubblico in grado di risolvere il problema. E’ solo una questione di volontà politica e di superamento delle preclusioni ideologiche (in questo caso i dogmi liberisti) nell’ affrontare le questioni.

REDAZIONE