E così oggi, 28 agosto 2024, veniamo a sapere- attraverso una nota stampa diffusa dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Brescia- che nel corso di attività di monitoraggio sulle presenze criminali nel territorio, scaturite sulla scia della retata antimafia ordinata nel giugno 2023 dai giudici di Catanzaro (“Operazione Glicine – Acheronte”), otto società, di cui alcune con sede anche nella provincia bresciana, sono state “attenzionate” per “sospette operazioni di riciclaggio” e “radicati rapporti” intessuti con esponenti della ‘ndrangheta (un clan della zona tra Crotone e Cutro) che, in varie circostanze, “avevano palesato propensione ad intraprendere investimenti nei territori limitrofi al Lago di Garda”. Gli approfondimenti condotti dalla DIA hanno fatto ricorso anche all’esame dei flussi di segnalazioni per operazioni bancarie sospette.
E’ emersa così una “proficua ricaduta in termini operativi e finanziari che tali contatti (non occasionali) hanno avuto sulla gestione di un’ampia parte dell’articolata sfera societaria”, conclude la direzione investigativa antimafia.
Le otto società fanno tutte capo a un imprenditore del Nord Italia nato e cresciuto a Peschiera del Garda, residente in una villa sulle colline mantovane che si affacciano sul lago. Quest’ultimo, secondo le indagini della Direzione investigativa antimafia (Dia), avrebbe stretto da tempo rapporti di complicità con il clan ‘ndranghetista, che avrebbe continuato a favorire anche negli ultimi mesi. Le società registrano ricavi complessivi per oltre 15 milioni di euro all’anno e controllano, fra le tante cose, un grande villaggio turistico con piscine, bar e ristoranti fra Sirmione e Desenzano e- guarda caso- diverse imprese di costruzioni, società immobiliari e cave di estrazione di materiale per l’edilizia.
Nei confronti delle aziende i giudici della “Sezione misure di prevenzione” del Tribunale di Brescia sono quindi intervenuti attraverso la misura dell’amministrazione giudiziaria, intermedia rispetto all’ atto estremo del sequestro e della confisca. In parole povere, hanno revocato agli attuali dirigenti la gestione delle società, affidandola, per la durata minima di un anno, a un collegio composto da 3 amministratori, chiamati a troncare i presunti legami d’affari con i boss della grande criminalità organizzata e riportarle alla legalità.
La preoccupante novità di queste ultime indagini della DIA di Brescia risiede nel fatto che esse configurano un’ipotesi particolarmente grave di infiltrazione mafiosa. Molte precedenti inchieste antimafia degli anni scorsi nelle regioni del Nord (“Infinito”, “Emilia”, “Isola Scaligera” e altre) avevano colpito società controllate da familiari o prestanome di personaggi calabresi inquisiti per mafia. In questo caso, invece, l’indagine-base riguarda un noto imprenditore del Nord Italia. Non si tratta, dunque, di un episodio di infiltrazione dall’esterno, ma di una presenza mafiosa che si sarebbe sviluppata all’interno della ricca economia gardesana.
Ebbene, di fronte a tutto ciò, a noi piacerebbe sentire una qualche dichiarazione forte e chiara dei politici bresciani operanti nelle sedi istituzionali rispetto a questa problematica, che sta assumendo dimensioni veramente inquietanti e investe ormai in pieno anche la nostra provincia. Finora hanno rassicurato affermando che il radicamento mafioso non c’è, che non bisogna enfatizzare, che si tratta di casi isolati in un contesto sano, ecc.
Ma possibile che neppure adesso, dinanzi a quanto sta venendo fuori, non “percepiscano” un grande allarme per l’ “insicurezza” provocata dalle attività tentacolari della criminalità mafiosa nel Bresciano? O un allarme diciamo almeno pari, ad esempio, a quello in essi suscitato- stando ai loro roboanti interventi in merito- dai frequentatori della “Movida del Carmine” o dai senza fissa dimora che stazionano nel Parco Tarello emanando cattivi odori?
Possibile che non abbiano subito sentito la necessità, dinanzi alle notizie trapelate, di pronunciare una parola di commento, di rendere nota un’ espressione di riconoscimento e apprezzamento per l’ opera svolta dalla DIA di Brescia?
REDAZIONE