A BRESCIA C’E’ LA “CRESCITA”, MA DELLA POVERTA’ E DELLA PRECARIETA’

Giacomo Ceruti, Due pitocchi, 1730-1734 circa

LA POVERTA’ A BRESCIA NON LASCIA, ANZI RADDOPPIA

Con l’avvicinarsi della “Giornata Mondiale della Povertà”, evento istituito dal papa nel 2017, si ravviva anche qui da noi un po’ l’attezione su questo cruciale problema.

E si scopre così che a Brescia, nel giro di un anno, i senzatetto sono più che raddoppiati. Le mense caritatevoli risultano sempre più affollate. Le persone comprese nella fascia d’età media 45-64 anni che chiedono aiuto agli enti assistenziali diventano sempre più numerose.

In questa ricchissima città, ad interessarsi di una simile vergognosa situazione sembra però siano rimaste solo le associazioni caritative della chiesa cattolica. Le autorità e le istituzioni laiche latitano, delegano o svolgono un ruolo marginale.

MA LA FESTA NON E’ STATA ROVINATA

D’ altra parte il fenomeno nel capoluogo non è appariscente. Sembra che anche i miserabili qui abbiano conservato un elemento del carattere bresciano, la riservatezza di chi non ama farsi notare, né disturbare.

Perciò il “salotto buono” della città, quello degli “apericena” (Corso Zanardelli, Piazza Loggia, Piazzale Arnaldo) non ha visto  rovinata la sua festa. Per trovare i poveri bisogna andare a cercarli nelle strade più buie, lontane dai riflettori delle “movide”.

Ma appunto, dicevamo, sono le unità di strada della Caritas che si occupano di svolgere il ruolo di soccorritrici per chi non ha trovato posto in dormitorio e vive alla giornata. Ed ogni tanto tirano le somme dei loro viaggi serali. Nel 2023 hanno incontrato ben 190 senza fissa dimora, l’anno precedente erano stati 85. Una “crescita” dunque del 126%! A queste si devono sommare altre 2.500 persone che si sono recate nei centri di ascolto per ottenere aiuti economici.

LO SPARTIACQUE DEL COVID

Lo spartiacque, dati alla mano, è stata la pandemia del Covid del 2020.

Fino a quell’ anno gli “utenti” della storica Mensa Menni di via Vittorio Emanuele, dove si servono pasti gratis agli indigenti, erano in media 1.500. Adesso sono diventati quasi 2.000.

Istituita dalla Caritas Diocesana, insieme a varie realtà cattoliche, una ventina di anni fa in occasione del Giubileo, la mensa si regge grazie all’ opera di volontari.

IL FENOMENO DEI “WORKING POORS”

A ciò si devono aggiungere oltre mille famiglie che hanno necessità di essere supportate con aiuti economici e le oltre 18.000 persone aiutate nel 2024 dal Banco Alimentare che gli ha fornito pacchi di viveri. In questo caso si tratta di gente normale, formata da cosiddetti “working poors”, cioè lavoratori che non guadagnano abbastanza per superare la soglia di povertà pur avendo un salario mensile e non riescono a reggere l’aumento del costo della vita. Si tratta soprattutto di famiglie con figli minorenni, precari, maschi divorziati o separati. Essi quindi non possono nemmeno sperare che le cose andranno meglio quando troveranno un lavoro, perché, appunto, un lavoro ce l’ hanno e fanno quello che possono. D’ altra parte anche la stabilità dell’impiego a tempo indeterminato è diventata un’eccezione. I dati forniti dall’ INPS di Brescia e Provincia registrano che solo un nuovo contratto su cinque viene stipulato con questa modalità, che nei decenni passati costituiva la quasi totalità.

Del resto, se i poveri assoluti nel 2007 in Italia erano 2 milioni e mezzo, mentre oggi sono 5 milioni e 800mila, è evidente che ci troviamo dinanzi ad una questione strutturale e che per un Italiano su dieci l’obiettivo è diventato ormai quello della pura e semplice sopravvivenza. Con riflessi importanti anche sul sistema sanitario nazionale, perché le prime ad essere procrastinate, poi cancellate, sono le spese per le cure sanitarie. E spesso l’insorgenza di malattie gravi è lo sbocco finale di questa condizione di indigenza totale.

Riflettere su questi dati significa insomma riflettere su che cos’è diventata la società in cui viviamo.

FILIPPO RONCHI