Digitando su Google i termini “cannabis shop Brescia”, si potrà constatare che la città e la provincia hanno dato vita a varie attività commerciali in questo settore. Secondo Google, potrete trovarne in città a via Aurelio Saffi, a via Baldassarre Zamboni, a via Pietro dal Monte, a via Monte Cengio. A questi centri, si aggiungono quelli in provincia. Non male per una cittadina di neanche 200 mila abitanti.
Ho incontrato in una video-intervista un titolare di uno di questi negozi per capire come funziona quel mondo e perché il governo sia così ostile.
Il mio interlocutore mi ha spiegato innanzitutto la differenza tra THC e CBD, ovvero tra il principio attivo contenuto nella cannabis, che in Italia è illegale (oltre una certa quantità), e quello che invece è possibile vendere. Il primo ha effetto euforizzante, mentre il secondo ha effetto rilassante e anti-infiammatorio.
Infatti la sua clientela è ben diversa da quella che ci si aspetterebbe: non giovanotti in cerca di divertimento ma over 40 in cerca di rimedi non farmaceutici per dormire meglio o per alleviare infiammazioni.
I prodotti analizzati nell’intervista erano le infiorescenze della cannabis per chi voleva cogliere tutti gli aspetti (ad esempio l’aroma) della cannabis stessa e gli olii della medesima per chi invece bisognava di azioni terapeutiche anti-infiammatorie.
Proprio in tema della vendita delle infiorescenze è venuto fuori il primo problema della legislazione italiana che sa molto della classica ipocrisia del nostro Paese: il titolare dell’attività denunciava che per la legge vigente non si può dichiarare di vendere il prodotto per essere fumato.
Se chi ha scritto la legge pro-cannabis sembra incapace di sostenere con coerenza le proprie convinzioni dichiarandole esplicitamente, chi invece mostra ostilità alla vendita non fa nulla per nasconderlo, anzi.
Nell’esperienza dell’intervistato, l’esponente politico che ha mostrato con più costanza e forza contrarietà al fenomeno è il leader leghista Salvini. Immagino che il ministro delle Infrastrutture e Trasporti non denuncerà nessuno per questa affermazione, ma anzi se ne vanterà. Contrarietà, comunque, che trova favore in tutto il Centrodestra e che termina con il provvedimento del governo Meloni, il quale paragona la cannabis light (ossia quella con alta percentuale di CBD e bassissima percentuale di THC), oggi venduta in Italia, alle sostanze stupefacenti.
Il provvedimento mette nell’impossibilità di vender gli attori del settore. La cosa ha due implicazioni principali:
- La messa in crisi di una filiera che tra coltivatori e commercianti vede oltre 10 mila persone impiegate
- Gli utenti che in cerca di metodi per alleviare infiammazioni, insonnie, ansie potrebbe rivolgersi al mercato illegale gestito dalla malavita, non solo alimentandola, ma rischiando effetti collaterali sulla propria salute a usare un prodotto non certificato e di cui non è rintracciabile la filiera.
L’Italia, e questo denuncia l’intervistato, non solo arresta il proprio cammino ma anzi fa retromarcia mentre altri Paesi, europei e non, sperimentano legislazioni più permissive non solo verso la cannabis con contenuto elevato di CBD ma anche con quelle verso il THC.
Chi voglia, può trovare l’intervista online dove quanto detto sopra (e altro, come ad esempio il ruolo negativo del ministro del Centrosinistra, Speranza) è raccontato in maniera più estesa e puntuale.
Ecco qui sotto il link:
https://www.youtube.com/watch?v=JGYBEJoGQ_4
FILOMENO VISCIDO