BRESCIA NELLE ONDATE DI CALORE

Certo, d’ estate fa caldo, ma da alcuni anni nei mesi di luglio ed agosto, Brescia- come tante altre città d’ Italia- si trova ad affrontare costanti anomalie nelle temperature, con minime frequentemente superiori ai 23-24° C e massime vicine ai 35-36° all’ ombra, tanto da far parlare di “giornate tropicali”.

Anche luglio 2024 sembra destinato a salire sul podio dei più caldi di tutta la serie storica cittadina, aggiudicandosi, dati alla mano, un terzo posto più che probabile. E pure agosto inizierà con valori ben al di sopra della media.

Le cause di questa città sempre più calda vanno ricercate nel generale pompaggio selvaggio di gas ad effetto serra nell’atmosfera, che impediscono che una parte dei raggi solari venga riflessa nello spazio rimanendo invece intrappolata.

Di sicuro, però, qualcuno a Brescia ci mette anche del suo nell’ aggravare la situazione. Il teleriscaldamento attivo in egual misura d’ estate come d’ inverno, l’uso scriteriato degli ormai onnipresenti condizionatori (non è infrequente imbattersi in negozi con le porte aperte e i condizionatori a manetta al di sotto dei 25 gradi previsti, per richiamare qualche cliente o in uffici pubblici dotati di impianti di aria condizionata ma anch’essi con ingressi e finestre aperte) trasformano la città in un’ “isola di calore”.

Qualche intervento, per la verità, si potrebbe fare. Ad esempio non sarebbero cattive idee chiudere nei mesi di luglio e agosto 2 linee dell’inceneritore, avviare seriamente la piantumazione dei 200.000 nuovi alberi promessi dall’ attuale sindaca Castelletti durante la campagna elettorale delle Comunali 2023, di cui finora non si è vista traccia,

In realtà è dal 2021 che la Giunta ed il Consiglio Comunale di Brescia sono a conoscenza di questa pesante situazione, ma si guardano bene dall’ assumere provvedimenti per salvaguardare la salute delle persone, pur di non urtare interessi abbastanza identificabili (a partire ovviamente da quelli dell’A2A).

Il caldo e l’afa fuori misura lasciano soprattutto il loro segno pesante nei cantieri disseminati nella provincia. Un episodio clamoroso si è già verificato in quello della TAV a Desenzano il 27 luglio. Il blocco dell’impianto di areazione del tunnel nel quale stavano lavorando e la temperatura molto alta sono state le cause di un malore collettivo che ha coinvolto quattro operai tra i 19 e i 47 anni. Di colpo l’aria ha smesso di circolare nella galleria, la temperatura si è impennata e i vapori al suo interno hanno saturato l’aria. I lavoratori, dopo momenti di panico, in condizioni fortunatamente non gravi sono stati portati in ospedale per accertamenti.

Il caso di Desenzano è stato finora quello più eclatante, ma è risaputo che tantissimi addetti nei cantieri edili, stradali, nell’agricoltura, negli allevamenti intensivi, nei numerosi stabilimenti in cui al caldo atmosferico si deve aggiungere quello ambientale provocato dalle stesse lavorazioni si trovano ad operare nei mesi estivi in condizioni di estrema difficoltà. E i rischi si impennano insieme alla colonnina di mercurio, tanto più che i malori possono verificarsi sia direttamente sul posto di lavoro, sia ad effetto ritardato ma comunque provocati dallo stress accumulato per esposizioni prolungate a condizioni meteorologiche estreme. In questo caso si manifestano nelle fasi di riposo dopo il rientro a casa.

Al di là del fatto che per caldo eccessivo le aziende sono autorizzate a mettere in cassa integrazione gli operatori (evento rarissimo), in periodi dell’anno come quello attuale turni rispettosi della salute, interruzioni delle attività nelle ore più calde, corrette attrezzature e corretti indumenti per mantenere il corpo refrigerato dovrebbero essere il minimo indispensabile garantito, ma nell’ Italia di oggi anche queste sembrano richieste esorbitanti. Nel 2023 si era provato a raggiungere un accordo sul “Protocollo Caldo” tra Ance (Associazione nazionale costruttori edili), Confindustria, parti sociali ma – guarda caso- senza concludere niente.

Ora la ministra del Lavoro Calderone si dice disponibile a riprendere gli sforzi “per trovare una quadra nella gestione dell’emergenza caldo nei luoghi di lavoro”, “rilanciando il dialogo” tra le organizzazioni interessate per confrontarsi e “definire le iniziative da assumere” ma il linguaggio stereotipato e di circostanza fa già intravedere un altro buco nell’acqua.

REDAZIONE