Ha suscitato clamore e anche stupore la catena di arresti che a Brescia ha colpito una vera e propria base della Ndrangheta, da tempo radicata nel territorio e nei suoi affari.
Tra i 25 arrestati vi sono capi cosca, politici di Fratelli d’Italia e Lega, colletti bianchi e anche una suora. Il che conferma che Dio Patria Famiglia è un motto che piace anche alle mafie.
In realtà lo stupore è solo frutto di pregiudizi e congiura del silenzio. Da un lato c’è una informazione mainstream che è ancora ferma ai vecchi quadretti di una mafia come guasto solo del Mezzogiorno. Mentre da tempo le città del Nord sono diventati centri mafiosi. Perché le mafie vanno dove ci sono soldi e affari e soprattutto in quell’area grigia del capitalismo dove ogni criminalità può prosperare.
C’è poi la congiura del silenzio. Fin dalla nascita di questo blog, nel giugno scorso, abbiamo più volte denunciato il disinteresse della politica bresciana ufficiale per le relazioni della DIA, che da tempo opera con una propria struttura nella provincia proprio perché la criminalità del territorio lo richiede.
A Brescia ci sono periodiche campagne sulla sicurezza scatenate dalla destra a cui il centrosinistra risponde balbettando. Ma queste campagne si guardano bene anche solo dall’accennare alla criminalità mafiosa. Che, è bene sottolinearlo, non è più estemporaneamente importata, ma oramai radicata nel territorio.
Perché le mafie hanno trovato nel Bresciano condizioni ottimali per i loro profitti? Perché un tessuto diffuso di piccole e medie imprese con notevole volume di affari ha offerto alla ‘Ndrangheta e alle altre mafie la possibilità di sviluppare due branche di attività nelle quali eccellono.
La prima è l’evasione fiscale e il riciclaggio di capitali sporchi. La mafia ha costruito un struttura imprenditoriale di manager, broker e commercialisti che è in grado di offrire un supporto completo all’imprenditore che vuole nascondere allo stato i suoi profitti. È quasi un prodotto chiavi in mano: fatture false, coperture legali, operazioni contabili e l’impresa riceve un completo pacchetto sicurezza per i suoi guadagni.
La seconda branca di affari mafiosi è il traffico di rifiuti nocivi e pericolosi. A Brescia c’è un gigantesco inquinamento industriale e ci sono imprese, soprattutto piccole e medie, che ancora non fanno gli investimenti necessari a smaltire gli scarti produttivi dannosi per la salute. Ecco allora che ad essi ci pensano le mafie.
Naturalmente gli imprenditori che si rivolgono ad un mafioso per la tutela dei propri affari sanno benissimo cosa fanno. Ciò che invece sottovalutano è che una volta entrati nel giro delle cosche, ne diventano strumenti che prima o poi saranno utilizzati per altre attività criminali: appalti, assunzioni di mano d’opera mafiosa, corruzione politica.
E così i tentacoli della piovra si estendono sempre di più nel capitalismo bresciano, senza clamori e violenze esplicite, con il passo e il ritmo degli affari diffusi .
È l’illegalità imprenditoriale il terreno su cui le mafie si radicano a Brescia, ignorarlo ancora è complicità.
La Confindustria e le associazioni imprenditoriali bresciane non hanno nulla da dire? E perché il Consiglio Comunale di Brescia non viene convocato per discutere del capitalismo mafioso in città?
Attendiamo risposte ma non siamo minimamente fiduciosi.
GIORGIO CREMASCHI