CONSIDERAZIONI SULLA NOSTRA GIORNATA DEL 25 APRILE A BRESCIA

La Festa per l’ 80° anniversario della Liberazione   di Carmine Resistente, intitolata «80 Voglia di Libertà», organizzata dalla sezione Anpi Caduti di Piazza Rovetta, con il circolo Prc Dall’Angelo-Ghetti e con l’ Associazione CarminiAmo, si è svolta il 25 aprile come previsto. Ad essa “Potere al Popolo!” di Brescia e Provincia aveva aderito.

Il nubifragio e la grandinata che hanno colpito la zona nelle prime ore del pomeriggio non l’hanno fermata. Né hanno scalfito il clima gioioso e insieme solenne della giornata.

Si è così registrato il pienone tra le vie Battaglie, Fratelli Bandiera, Porta Pile, Nino Bixio, dove centinaia di persone hanno festeggiato in attesa, attorno alle 17, di dare vita al rumoroso corteo che si è diretto in piazza Loggia attraversando le strade del vecchio centro storico. Con i colori della bandiera palestinese prevalenti, esso è infine confluito in piazza della Loggia, dove si tenevano le commemorazioni ufficiali.

Rituali gli interventi della sindaca e dei rappresentanti delle associazioni collaterali di Sistema. Ancora di più quest’ anno, in un Comune che, con incredibile faccia tosta, nel mentre celebrava i valori dell’ antifascismo il 25 aprile, aveva già stabilito di patrocinare (con tanto di saluto del vice-sindaco ai partecipanti) per il 29 aprile uno stranissimo (per usare un eufemismo) convegno in cui si celebreranno stavolta la “grande riforma scolastica” di Giovanni Gentile, oltreché il centenario del “Manifesto degli intellettuali fascisti” e anche quello- cara grazia- degli intellettuali “non-fascisti”.

L’atmosfera a Piazza Loggia si è fatta elettrica soprattutto quando ha preso la parola l’onorevole Gianni Cuperlo, oratore ufficiale della giornata, deputato del PD, nonché- per non farsi mancare niente- esponente della “Sinistra per Israele”.

Venti minuti di discorso davanti al rumoreggiare del blocco Pro Pal, che più volte ha interrotto la manifestazione  per  esprimere il suo dissenso dinanzi all’ ipocrisia e alla vuota retorica di chi commemora le vittime della guerra catastrofica in cui il regime fascista trascinò l’Italia, ma non trova da dire una parola sul tentativo di genocidio in atto in Palestina oggi.

Come sempre “Potere al Popolo!” era presente con una sua delegazione anche alla manifestazione di ieri, dalla parte di chi non si piega al conformismo e all’opportunismo di comodo, ma resta coerente con le proprie idee.

Perché più che mai ci si chiede che cosa sia oggi necessario preservare della lotta partigiana, affinché ci accompagni nelle vicende del presente. Questo lascito di guida e di speranza può essere sintetizzato definendolo come “lo spirito dell’antifascismo o della lotta di Resistenza”.

Si dice spesso che la nostra Costituzione è figlia della lotta partigiana.

Ciò che si percepisce leggendo la nostra Carta fondamentale, ancor più che gli stessi valori di libertà ed uguaglianza che vi sono espressi e che sono comuni alle Costituzioni di altri paesi, è per l’appunto quello che chiamiamo “lo spirito dell’antifascismo”.

Una chiara speranza di futuro, segnata dal fatto, sperimentato nella lotta di Liberazione, che al potere e alla prepotenza ci si può sempre opporre. L’idea che la storia non è mai data una volta per tutte e che vi è sempre spazio per chi vuole riscriverla a partire dal basso e dalle esigenze degli oppressi e degli sfruttati.

I partiti che si erano ritrovati insieme a combattere il fascismo, rappresentarono i valori della Resistenza, in modo contraddittorio e per un periodo breve, abdicando poi progressivamente ai dettami della società a comando di capitale, anche se ancora per un lungo periodo fu possibile mantenere un alto livello di mediazione di classe, pur dentro le strettoie del sistema.

Merito soprattutto di una soggettività diffusa e ribelle, in qualche modo idealmente erede dei valori della Resistenza, e che si espresse nei movimenti degli anni ‘50 e ‘60, e poi in quello che si può definire il lungo ‘68, protrattosi fino alla fine degli anni Settanta.

Oggi scontiamo il peso di una innegabile sconfitta e dell’imperante neoliberismo che sembra lasciare il mondo di chi subisce senza speranze.

Ma non è così! Perché la speranza non dipende dal mondo com’è, ma dal modo con cui sappiamo giudicarlo e dalla volontà che riusciamo a mettere in moto per cambiarlo. C’è sempre spazio per il soggetto e per il suo agire “rivoluzionario” finalizzato al cambiamento.

Questo è l’insegnamento che ci viene dallo spirito della Resistenza, e che dobbiamo oggi recuperare al di là delle celebrazioni, più o meno retoriche.

REDAZIONE