CAFFARO: IL GIUDICE ASSOLVE, L’ INQUINAMENTO RESTA

La saga giudiziaria della Caffaro, fabbrica emblema del dramma dell’inquinamento a Brescia, si è arricchita di un altro capitolo.

Se il caso era esploso sui media nazionali nel 2001, da molti anni prima l’attività giudiziaria aveva cominciato a svilupparsi attorno a questa drammatica vicenda.  

Ebbene la nuova puntata è andata in scena ai primi di giugno 2024 quando, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, sono stati assolti con formula piena dall’accusa di inquinamento colposo Roberto Moreni, ex commissario straordinario del Sin Caffaro e dall’ accusa di inquinamento doloso Marco Cappelletto, commissario straordinario di nomina governativa della Caffaro Srl e della Caffaro Chimica e Alfiero Marinelli, direttore degli stabilimenti di Brescia con delega alla loro manutenzione e alla tutela ambientale. Tutti sono stati dichiarati innocenti dal GUP (Giudice dell’Udienza Preliminare) “perché il fatto non sussiste”. Cappelletto e Marinelli dovevano rispondere inoltre all’ accusa di smaltimento illecito di rifiuti. Assolti anche in questo caso perché “il fatto non costituisce reato”. Si chiude così per ora senza un responsabile uno dei pochissimi fascicoli d’inchiesta aperti attorno al caso Caffaro sopravvissuti allo scorrere del tempo (con le conseguenti prescrizioni) e approdati in aula.

Il procuratore aggiunto Bonfigli e il sostituto Greco avevano chiesto invece tre condanne al termine della loro indagine iniziata nel 2019: due anni per Cappelletto e Marinelli, dieci mesi e venti giorni per Moreni.

Secondo i titolari dell’accusa, gli imputati avevano provocato infatti un deterioramento ulteriore, significativo e misurabile di estese porzioni del suolo e del sottosuolo di un reparto della fabbrica, risultate contaminate da concentrazioni di mercurio di gran lunga superiori a quelle autorizzate. Ciò era accaduto perché erano state mantenute in stato di deposito incontrollato e non erano state smaltite all’interno del reparto “cloro-soda” dello stabilimento, una vasca di raccolta delle acque impiegate nel processo lavorativo, le tubazioni dell’impianto e alcune cisternette tutte contaminate di mercurio, oltre alle trappole adagiate sul pavimento corroso del reparto e contenenti sedimenti di piombo, diossina, ferro e ancora mercurio.

Per conoscere le motivazioni che hanno indotto il GUP, dopo mezz’ ora di Camera di Consiglio, a non accogliere le richieste di condanna bisognerà attendere 90 giorni a partire dall’ 11 giugno.

Negli ambienti giudiziari si parla del fatto che vi sia un difetto di prova che le condotte attribuite ai tre funzionari abbiano creato un aggravamento delle condizioni di inquinamento, perché attraverso i consulenti tecnici che sono stati sentiti non è emersa la dimostrazione di tale condizione. I difensori hanno infatti sostenuto che non vi sia prova dell’estensione dell’inquinamento e neppure che il suo eventuale aggravamento sia avvenuto per responsabilità dei loro assistiti. Riguardo al primo capo d’accusa essi hanno sostenuto che non furono effettuati i carotaggi (cioè prelevamenti di campioni di terreno dal sottosuolo) nella quantità richiesta dalla legge. Per quanto concerne il secondo aspetto hanno portato a discolpa le loro consulenze tecniche, secondo le quali gli imputati avevano ereditata una situazione già compromessa, senza aggravarla. Hanno anche sottolineato come Moreni avesse sempre svolto gratuitamente il ruolo di Commissario straordinario delegato alla progettazione della bonifica come un servizio a favore di Brescia e dei suoi cittadini. Bonifica che una volta di più, alla luce di questa vicenda, ha mostrato tutti i suoi limiti.  

Il 16 luglio riprenderà il processo ad altri imputati che hanno scelto il dibattimento.

Nell’ ambito della stessa indagine, infatti, è coinvolto un gruppo di tecnici e funzionari che devono rispondere a vario titolo di disastro ambientale, omesso smaltimento di scorie pericolose e inquinamento da cromo esavalente e clorato.

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