Il 7 giugno 2024, presso la storica libreria bresciana Serra Tarantola, si è tenuta la presentazione dell’ultimo libro di Giorgio Cremaschi, intitolato in modo volutamente provocatorio “Liberalfascismo”, pubblicato dalla casa editrice Mimesis.
Sono intervenuti, oltre all’autore, Antonio Carbonelli, avvocato giuslavorista e filosofo; Alberto Panighetti, già consigliere comunale e segretario cittadino del PCI tra gli Anni Settanta e la metà degli Anni Ottanta nonché commissario dell’allora Azienda dei Servizi Municipalizzata (ASM); Isacco Boldini, giovane docente nelle scuole statali e militante di “Potere al Popolo!”
Antonio Carbonelli, sintetizzando il contenuto delle varie parti di cui si compone il volume, ha rimarcato come l’attuale fase storica sia caratterizzata in Italia dal concretizzarsi nei fatti di quello che era il “Piano di Rinascita Nazionale” ipotizzato dalla Loggia massonica deviata P2 di Licio Gelli attorno alla metà degli Anni Settanta del secolo scorso. A livello globale, il sistema delle diseguaglianze estreme creato dal liberismo imperante necessita da un lato di un apparato repressivo sempre più potente, dall’ altro della fomentazione di guerre per garantire alle élite occidentali- messe in crisi dall’ emergere di altre gigantesche realtà in Asia, Africa, Sud America (i cosiddetti BRICS)- il proprio predominio. In questo contesto sono evidenti l’asservimento dell’Unione Europea agli interessi strategici degli USA e al tempo stesso l’incognita sulla tenuta dell’ormai imponente debito pubblico americano.
Alberto Panighetti ha individuato nelle vicende della classe operaia il “filo rosso” del ragionamento che sottende alla riflessione di Cremaschi per comprendere la storia italiana degli ultimi decenni. Citando Di Vittorio, secondo cui i valori repubblicani sarebbero stati garantiti con le convinzioni positive dei lavoratori sui posti di lavoro, Panighetti ha mostrato come il volume “LIberalfascismo” riveli dati alla mano che il maltrattamento della classe lavoratrice avvenuto negli ultimi tre decenni compromette le stesse fondamenta democratiche della repubblica.
La parabola è chiara. Gli Anni Sessanta-Settanta del XX secolo erano stati caratterizzati dall’ avanzamento dei diritti economici e sociali con l’istituzione dei consigli di fabbrica, gli aumenti salariali, lo Statuto dei Lavoratori, cui si era accompagnato l’avanzamento dei diritti civili (legge sul divorzio, creazione del Sistema Sanitario Nazionale). Panighetti concorda con Cremaschi nell’ individuare nel 1977, anno del lancio della “politica dell’austerità e dei sacrifici” da parte del PCI di Berlinguer, l’inizio invece dell’arretramento, cui faranno seguito le sconfitte alla FIAT del 1980 e al referendum del 1984 sulla modifica della scala mobile, cancellata definitivamente nel 1992. Così oggi l’Italia si ritrova ad essere l’unico paese europeo in cui i salari sono diminuiti in termini assoluti rispetto a trenta anni fa, pezzi essenziali dello Statuto dei Lavoratori, come l’art. 18, sono stati aboliti, lo stesso diritto di sciopero è sotto attacco e in cui un partito erede dichiarato del neofascismo del Movimento Sociale Italiano si ritrova non solo al governo come forza di maggioranza, ma esprime anche la Presidente del Consigli dei Ministri. Panighetti ha concluso il suo intervento condividendo che non esista altra strada che quella di ripartire dalle lotte reali dei lavoratori sui luoghi della produzione per ridare dignità agli sfruttati e agli oppressi.
Isacco Boldini ha apprezzato nel libro di Cremaschi l’assenza di nostalgismo per il grande passato del movimento dei lavoratori, che aiuta a ridurre la distanza anagrafica con il pubblico giovanile di lettori, e lo sforzo di storicizzazione del presente compiuto dall’ autore, rapportando anche il quadro di restaurazione in Italia con quello mondiale. Dalla “fine della Storia” preconizzata agli inizi degli Anni Novanta in seguito alla dissoluzione dell’URSS ci ritroviamo oggi infatti al ritorno della guerra su larga scala, mentre gli USA hanno visto svanire la loro ambizione di ricoprire il ruolo di unica e definitiva potenza globale. In questo contesto, l’Italia si caratterizza per la presenza di una classe imprenditoriale pessima, che ha puntato tutto sul risparmio del costo del lavoro e sull’incentivazione del turismo per restare a galla nell’ economia mondiale. Boldini ha concordato dunque con la tesi che sta alla base della riflessione di Cremaschi, secondo cui l’Occidente in crisi è pronto a fascistizzarsi per rimanere al potere a livello planetario. Che la democrazia sia ormai “truccata” lo dimostrano, per Boldini, anche i costi abnormi che hanno assunto le campagne elettorali e l’informazione bipolare concentrata quasi esclusivamente sulle figure di spicco dei due principali schieramenti. Tali elementi costituiscono ormai un muro che impedisce un’autentica partecipazione, tanto più che la democrazia reale è assente da tempo anche sui luoghi di lavoro.
Eppure- ha rilevato Boldini- nonostante tutto sussistono ancora varie zon di conflitto sociale. Ad esempio l’imporsi al discorso pubblico delle tematiche dei movimenti ambientalisti e di genere; la resistenza a oltranza di una fabbrica come la GKN; le lotte degli addetti al settore della logistica cui il governo non ha saputo far fronte se non varando leggi duramente repressive; le mobilitazioni studentesche contro il genocidio e l’oppressione neocoloniale in Palestina. Si tratta di squarci che lasciano aperta la speranza per il futuro.
Proprio prendendo spunto da quest’ultimo elemento, Cremaschi ha chiuso l’incontro confessando che l’ispirazione a scrivere “Liberalfascismo” è scaturita dopo i fatti del 7 ottobre 2024 e l’accettazione palesatasi nel nostro Paese nelle settimane e nei mesi successivi a convivere appunto con il genocidio. Come si è arrivati ad una simile assuefazione? Dove siamo precipitati e come? Ricostruire tutti i canali che hanno condotto nella palude attuale, individuare i vari percorsi economici, culturali, storici che ci hanno portati a questo punto è stato l’intento che l’autore si è riproposto di raggiungere attraverso il suo lavoro.
In sintesi: tra il 1965 ed il 1980 un imponente movimento dei lavoratori e degli studenti ha cambiato non solo l’Italia ma anche il resto del mondo dal basso, indirizzandolo sulla via del progresso attraverso una serie di cambiamenti profondi. Dal 1980 abbiamo assistito invece ad una reazione lenta ma inesorabile, che ha impiegato comunque ben 45 anni per cancellare o ridimensionare le conquiste ottenute nei 15 anni di lotte prima ricordate.
Ma questa reazione era la manifestazione a livello locale di un processo controrivoluzionario iniziato fin dal 1973 con il colpo di Stato in Cile contro il governo socialista di Salvador Allende e l’avvio del primo esperimento liberista integrale, proseguito a partire dal 1979 in Gran Bretagna e dal 1980 negli USA con le affermazioni elettorali di Margareth Thatcher e Ronald Reagan. Il progetto delle classi dirigenti mondiali per fermare il processo di emancipazione delle classi subordinate venne anche formalizzato negli incontri della Trilaterale del 1978, di cui si fece portavoce in Italia Gianni Agnelli in persona.
Una parte rilevante delle forze politiche e sociali democratiche è rimasta coinvolta in questa dinamica, illudendosi di poterla “governare” in senso “progressista” (pensiamo alle figure di Blair, Clinton, Prodi e alla prospettiva dell’“Ulivo Mondiale”).
Ma oggi l’Occidente sta perdendo, a causa dei processi di rottura introdotti dall’ irruzione sulla scena internazionale della Russia, della Cina, dell’ India, dell’ Iran, del Brasile, del Sud Africa. Non si tratta- ci tiene a precisare Cremaschi- di “schierarsi” a favore di regimi tirannici, autocratici o addirittura teocratici. Si tratta di prendere coscienza del fatto che ci troviamo in una fase storica di “fine impero” (quello degli USA). E queste fasi sono sempre state nel corso della Storia dell’umanità estremamente pericolose. Lo dimostra il fatto che se negli Anni Novanta del Novecento l’Occidente scatenava “guerre umanitarie” nel mondo per “esportare la democrazia”, negli Anni Duemila le guerre che l’Occidente combatte sono per “difendere la democrazia”. Il meccanismo che potrebbe condurre alla Terza Guerra Mondiale è insomma in moto, ma- ha concluso Cremaschi- esso può essere fermato se le lavoratrici e i lavoratori- in Italia così come nel resto dell’ Occidente- riusciranno a ritrovare quella forza che li condusse ad ottenere tanti miglioramenti in campo economico, sociale e civile, partendo dall’assunto che con il “liberalfascismo” non si può né convivere né vincere la sfida lanciata al resto del mondo dalle élites occidentali.
FILIPPO RONCHI