CRONOLOGIA DEI FATTI
Nonostante tutto, il tanto temuto “raduno del 7 ottobre” c’è stato. “Potere al Popolo!” di Brescia e Provincia vi ha partecipato con i suoi militanti.
Le organizzazioni bresciane “Associazione Amicizia Italia-Palestina”, “Coordinamento Palestina di Brescia”, “Associazione Giovani Palestinesi d’ Italia” avevano da tempo previsto per quella data un presidio a Largo Formentone. Il 3 ottobre tuttavia il Questore aveva negato il permesso “per esigenze di sicurezza pubblica”.
La decisione aveva suscitato sconcerto. Nelle tante manifestazioni organizzate da un anno a questa parte in città non era mai successo nulla. Erano sempre state pacifiche.
Negare la piazza per parlare risultava un’inutile offesa.
Le varie realtà impegnate a livello locale volevano far sentire ancora una volta la loro voce. L’ iniziativa era ritenuta tanto più necessaria considerando l’aggravarsi della situazione internazionale. Perciò al diniego era stato risposto convocando alle 17.30 dello stesso giorno e nello stesso luogo una conferenza stampa aperta al pubblico.
Così né il divieto delle autorità, né la pioggia che ha iniziato a cadere durante l’incontro sono riusciti a fermare l’ espressione di un pensiero non allineato a quello del main-stream. Ieri pomeriggio i referenti delle tre organizzazioni si sono ritrovati in Largo Formentone per protestare contro la decisione della questura. Di fronte a loro non non c’erano però solo i giornalisti. Molte cittadine e molti cittadini si sono recati nella piazza. Volevano ascoltare ed esprimere la propria opinione.
LE VERE RAGIONI: LA STORIA NON COMINCIA IL 7 OTTOBRE 2023
Le dichiarazioni rilasciate alla stampa, alle televisioni e radio locali dai rappresentanti delle varie associazioni promotrici e i successivi interventi di cittadini hanno fatto chiarezza.
Non si è trattato di “celebrare” i massacri del 7 ottobre 2023, né di elogiare l’islamismo.
Si sono invece voluti ribadire alcuni punti fondamentali, che sono all’origine delle tragiche vicende cui stiamo assistendo.
Il 7 ottobre 2023 non nasce quel giorno, ma da 75 anni di occupazione israeliana.Non si può pensare che i Palestinesi non avrebbero reagito prima o poi. I caratteri di tale occupazione sono infatti terribili e richiamano quelli dell’apartheid sudafricano tra il 1948 ed il 1991. Nei territori della Cisgiordania detenuti illegalmente dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967 dallo Stato ebraico vige la legge marziale, per cui la stessa Cisgiordania e Gaza si sono trasformate in prigioni a cielo aperto. A ciò si devono aggiungere gli arresti indiscriminati che hanno coinvolto nel corso degli anni un milione e mezzo di Palestinesi, gli omicidi e le ruberie compiute dai coloni ebrei, l’uccisione di pacifisti europei e americani.
L’ intento era dunque manifestare solidarietà nei confronti di un popolo che sta tremendamente soffrendo. In quest’ultimo anno ha contato oltre 42mila morti, la maggior parte dei quali bambini, donne, anziani, malati lasciati al loro destino a causa della distruzione di qualsiasi infrastruttura.
UNA PIAZZA INDIGNATA MA PACIFICA
Anche la piazza di ieri è stata pacifica. Era palpabile comunque l’ indignazione.
Al termine della conferenza stampa i cittadini accorsi in Largo Formentone si sono fermati a condividere interventi, letture e a scandire parole d’ ordine come: “Palestina libera”, “Boycott Israel” “Fermare la guerra, fermare il genocidio”.
Tra i partecipanti si sono notanti anche i consiglieri comunali Iyas Ashkar della Lista Civica “Laura Castelletti sindaco” e Valentina Gastaldi della Lista “Brescia Attiva”.
Il nostro Giorgio Cremaschi, già portavoce nazionale di “Potere al Popolo!”, intervenendo sua volta, ha ricordato che è necessario essere consapevoli del fatto che il sostegno al governo di Netanyahu in Italia importa in Italia il sistema di Netanyahu, cioè il sostegno al fascismo israeliano fascistizza l’ Italia. Scendere in piazza per la libertà della Palestina significa quindi lottare anche per la nostra libertà.
RIPERCUSSIONI NEL “PALAZZO” DELL’ INIZIATIVA BRESCIANA DEL 7 OTTOBRE
Qualche ripercussione la vicenda del 7 ottobre bresciano l’ha avuta anche a Palazzo Loggia.
Nei giorni immediatamente successivi all’ annuncio del divieto, quattro consiglieri comunali della maggioranza che sostiene la sindaca Castelletti, ossia Francesco Catalano (Lista “Al Lavoro con Brescia”), Raisa Labaran (Lista civica “Laura Castelletti sindaco”), oltre alle già citate Iyas Ashkar e Valentina Gastaldi, avevano diffuso una nota.
Il testo aveva connotati chiari e decisi. Vi si poteva leggere che quello per cui si richiedeva l’ autorizzazione era un presidio “per denunciare quanto avviene a Gaza, in Palestina e l’invasione del Libano, uno dei tanti che vengono fatti per manifestare la propria vicinanza al popolo palestinese e la contrarietà alle politiche del Governo Meloni”. Per i firmatari il questore aveva imposto “un divieto tutto politico”. Esso si fondava sull’opportunità della data, dal momento che “in un giorno diverso ci sarebbero le stesse esigenze di ordine pubblico”. I consiglieri esprimevano quindi “una fortissima preoccupazione per tale intervento”, che rischiava “di limitare anche a Brescia uno dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione in un clima governativo che già si muove in questa direzione”. I quattro consiglieri ricordavano che “le manifestazioni organizzate dal “Coordinamento per la Palestina” a Brescia si sono sempre mostrate pacifiche”. Chiedevano infine “alle istituzioni di rivalutare la decisione e di garantire il diritto fondamentale di manifestare indipendentemente da tema e merito”.
Nella serata di domenica 6 ottobre sul tema era intervenuta direttamente la sindaca Laura Castelletti. La sua dichiarazione era espressione- precisava- del pensiero della maggioranza che la sosteneva. Rispetto a ciò che avviene in Palestina, si tratterebbe puramente e semplicemente di “terrorismo religioso” islamico. Il 7 ottobre ne costituirebbe l’atto più eclatante. Dichiarava “pieno rispetto e fiducia nell’operato del questore ”. Si diceva consapevole dell’ importanza “che a tutti venga consentito di manifestare la propria opinione”. Sul punto del contendere, liquidava però la questione del presidio vietato affermando che “di fronte alle tragiche vicende internazionali non possa esserci spazio per personalismi ammiccanti, ma serva responsabilità”. I quattro consiglieri erano serviti.
ULTRADESTRA BRESCIANA ALL’ ATTACCO
La contraddizione venutasi a creare all’interno della maggioranza non poteva certo sfuggire al blocco reazionario, unica opposizione esistente a Palazzo Loggia, formato da leghisti e paraleghisti, dagli eredi del neofascismo del Movimento Sociale Italiano, dai nostalgici di Berlusconi. A stretto giro l’ultradestra diffondeva infatti un comunicato in cui denunciava la “grave forma di tentata ingerenza nelle prerogative che la legge assegna ai responsabili dell’ordine pubblico” costituita dall’ “intervento di ben quattro consiglieri di maggioranza”. “Cose mai viste a Brescia”… Per l’ultradestra, che sogna i carri armati a Piazza Vittoria, Piazzale Arnaldo, Piazzale della Stazione e al Carmine al fine di sradicare l’ “insicurezza percepita” in città, si trattava dell’ “ennesimo segnale di un’amministrazione comunale sempre più guidata dalle componenti di estrema sinistra, in contraddizione con la storia moderata di questa città”. I consiglieri del blocco reazionario concludevano esprimendo “la piena fiducia nell’ operato della Questura”. Proprio loro che indirettamente denigrano giorno per giorno il lavoro svolto dalle forze dell’ordine, dipingendo Brescia come una città in balia di bande criminali e dove la situazione è fuori controllo!
E NON FINISCE QUI
Ma tornando al raduno, esso si è sciolto in assoluta tranquillità poco dopo le 18,30. Tutto è sempre rimasto vigilato a distanza da polizia, Digos e carabinieri. Con discrezione e senza fare sfoggio di dispiegamenti repressivi appariscenti.
“Ci saranno altre iniziative – hanno annunciato comunque gli attivisti – per continuare a riflettere e approfondire su quanto sta avvenendo”. A cominciare da una campagna di boicottaggio di Teva organizzata dal “Coordinamento per la Palestina” assieme ai “Sanitari per Gaza”. “Denunceremo la distribuzione nelle nostre farmacie dei medicinali di questa azienda multinazionale israeliana del farmaco direttamente implicata nel genocidio”- hanno dichiarato. Se si verificassero anche ulteriori contraccolpi sulla politica bresciana di Palazzo, non sarebbe male.
FILIPPO RONCHI