RIPRESA DELLA MOBILITAZIONE A BRESCIA PER LA LIBERTA’ DELLA PALESTINA E DEL LIBANO

UN GRANDE CORTEO

“Potere al Popolo!” di Brescia e Provincia ha convintamente aderito e partecipato al corteo organizzato nel capoluogo dal “Coordinamento bresciano per la Palestina” per il pomeriggio del 28 settembre con le parole d’ ordine “Palestina libera”  e “Giù le mani dal Libano”

Da Piazza Cesare Battisti fino a Largo Formentone, lungo le vie del centro storico, la pacifica manifestazione ha raccolto sempre più cittadini consapevoli della gravità di questo momento storico, che si sono man mano uniti alla protesta, fino ad arrivare a migliaia di persone. L’ avvio di una nuova fase della protesta era improrogabile, dal momento che le quotidiane aggressioni degli Ebrei di Israele contro i Palestinesi non solo non sono diminuite d’intensità, né tanto meno si sono fermate, ma adesso si sono estese con la consueta tremenda e cinica ferocia contro i Libanesi. In Largo Formentone si sono infine susseguiti gli interventi degli organizzatori che hanno ricordato   come università di tutto il mondo chiedono che vengano interrotti rapporti con Israele.  Richiesta avanzata anche al rettore dell’Università di Brescia, nel passaggio davanti all’Ateneo.  Alcuni cittadini libanesi residenti a Brescia hanno preso poi la parola per raccontare la tragedia dei loro familiari morti sotto gli ultimi bombardamenti israeliani.

SMONTARE LA PROPAGANDA ISRAELIANA

La sentita partecipazione di tanti Bresciani al corteo ha costituito oltretutto una bella risposta alla visita clandestina della ministra dell’Ambiente israeliana Idit Silman di cui avevamo parlato nei giorni scorsi. Ed è stata una significativa dimostrazione a livello locale del fatto che, nonostante il pressoché totale appoggio dell’apparato massmediatico occidentale ad Israele, sia diventato ormai difficile per quest’ultimo distorcere ancora la verità.   Un compito molto importante dunque per “Potere al Popolo!” anche a Brescia è quello di perseverare nell’ azione di protesta e di ristabilimento della realtà della situazione in Palestina e Libano, contribuendo a destrutturare una per una le bugie con cui vengono giustificate le brutalità dell’IDF, che per intensità e qualità in un così breve arco temporale e in un territorio così ristretto non hanno precedenti finora nel secolo attuale. Proveremo qui a focalizzare l’attenzione su alcuni punti della colossale mistificazione in atto.

IL 7 OTTOBRE 2023

Non è vero che questa tragedia sia cominciata il 7 ottobre 2023 con gli attacchi di Hamas ed altre organizzazioni della resistenza palestinese e che gli obiettivi di Netanyahu e dei suoi complici siano quelli di eliminare il pericolo da esse costituito per la sicurezza di Israele o di “salvare gli ostaggi”. Del resto la capacità tecnologica dimostrata da Israele- che è riuscito a perforare le difese iraniane eliminando prima il leader di Hamas, Haniyeh (in pieno territorio iraniano, addirittura nella capitale Teheran), e quello di Hezbollah, Nasrallah (decapitando la pressoché totalità del gruppo dirigente dell’organizzazione), contestualmente alla terroristica manomissione dei cercapersone in possesso dei militanti di Hezbollah ma anche di semplici cittadini libanesi, rafforza l’ipotesi che l’intelligence israeliana fosse al corrente dell’attacco avvenuto il 7 ottobre dello scorso anno, e abbia lasciato fare, per scatenare poi la guerra di annessione sia a Gaza sia successivamente in Libano. E’ assai improbabile, infatti, che un apparato così sofisticato dal punto di vista tecnologico, in grado di fare quello che ha fatto e continuerà a fare nei prossimi giorni, sia stato colto completamente di sorpresa da una operazione – avvenuta peraltro con mezzi e modalità rudimentali (pensiamo all’uso dei deltaplani…) – che ha comunque richiesto da parte di Hamas e delle altre formazioni palestinesi una preparazione di mesi se non di anni. Il Mossad è tristemente noto per la sua micidiale e criminale efficienza e per essere uno dei servizi segreti più potenti del mondo, provvisto peraltro di una fittissima rete di spie e collaboratori ovunque ma anche e soprattutto, nell’ordine di svariate migliaia, nei Territori occupati palestinesi. Possiamo realisticamente pensare che fosse all’oscuro di quanto la resistenza palestinese andava preparando?

LA “SICUREZZA” DI ISRAELE

A ciò si deve aggiungere che in ogni caso la “sicurezza” di Israele non è mai stata messa seriamente in discussione nel corso degli ultimi decenni grazie a Iron Dome, un sistema antimissilistico che funziona perfettamente contro tutto ciò che viene lanciato da Gaza o dal Libano, e grazie ad incursioni aeree e terrestri dell’ IDF ( Israel Defense Forces) nella Striscia e sulla linea di confine a nord diventate  operazioni militari di routine.

LA “VENDETTA BIBLICA”  

Nicolas Poussin (1594-1665)- “Vittoria di Giosuè sugli Amaleciti”

Netanyahu il suo vero obiettivo e modello lo aveva indicato quasi da subito, quando il 28 ottobre 2023 in un suo discorso aveva ammonito: “Dovete “ricordare ciò che Amalek vi ha fatto”, annunciando la “seconda fase”, un’invasione di terra, della guerra di Israele a Gaza.

Gli Amaleciti, nel Tanakh (Bibbia ebraica), erano un popolo che tese un’imboscata agli Israeliti che si dirigevano verso la Terra Promessa. Dopo l’attacco, che gli Israeliti riuscirono a respingere, Dio ordinò loro di non dimenticare mai e di intraprendere una guerra eterna fino a quando non sarebbe rimasta alcuna traccia dell’esistenza degli Amaleciti: «Va’ dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini» (I Samuele 15, 3).

La “razionalità” occidentale ha liquidato questa uscita di Netanyahu  e quelle simili di Ben-Gvir, Smotrich o degli altri politici estremisti religiosi ebrei che stanno al governo di Israele, come “discorsi”, cioè parole al vento di cui non tener conto, per concentrarsi su una “prassi” più pragmatica. Dietro al ragionamento si cela una logica neppure troppo velatamente da suq: in Medio Oriente – così sostengono gli esperti – si fa a gara a chi la spara più grossa prima di accordarsi sul prezzo effettivo della merce e il mercato della politica non farebbe differenza.

È grazie a questa raffinata griglia di analisi che la maggior parte degli osservatori ha sistematicamente sbagliato le previsioni negli ultimi decenni: è stato tutto un fiorire di “non guardiamo il discorso, guardiamo la prassi”. Salvo poi stupirsi quando i movimenti del fanatismo religioso ebraico hanno messo in atto quello che andavano predicando.

IL TENTATIVO DI GENOCIDIO IN CORSO

Sono i Palestinesi oggi, infatti, che stanno subendo la stessa sorte degli Amaleciti. Non si tratta solo delle decine di migliaia di morti tra i civili, la maggior parte dei quali donne, bambini, anziani, malati. A Gaza parliamo di 300. 000 case su 400.000 distrutte, di una popolazione ridotta alla fame, alla sete, in balia di tutte le infezioni e malattie a causa degli ostacoli frapposti da Israele all’ arrivo degli aiuti umanitari, del cibo, dei medicinali e della distruzione sistematica delle infrastrutture essenziali (impianti idrici ed elettrici, vie di comunicazione). Le stesse tecniche che le soldataglie dell’ IDF si apprestano a mettere in atto in Libano.

ISRAELE CERCA DI NASCONDERE LA REALTA’ DEI FATTI

Mediante la sua poderosa macchina propagandistica, che si serve abbondantemente in Italia della quasi totalità della grande stampa e delle principali reti radiotelevisive, il governo israeliano sostiene che i numeri delle vittime dei massacri operati quotidianamente dall’ IDF sono “gonfiati”, se non addirittura “inventati”, da Hamas. E ciò malgrado non solo l’ ONU (definito recentemente da Netanyhau “palude antisemita”), ma l’ intera comunità mondiale concordino sulle dimensioni imponenti della carneficina in atto.

Il dato è che Gaza è stata invasa ed occupata da Israele, che la controlla ormai totalmente, e per il diritto internazionale sull’ occupante ricade la responsabilità della sorte dei civili, cosa di cui con tutta evidenza l’ IDF non si preoccupa minimamente, tranne lanciare volantini o mandare messaggi sui cellulari per ingiungere agli abitanti di spostarsi di qua e di là lungo la Striscia, dove verranno comunque colpiti.

D’ altra parte non si capisce perché, se non si deve credere alle cifre diffuse da Hamas rispetto al numero dei morti accertati ed all’ età delle vittime, si dovrebbe prendere per buono invece quanto affermano i portavoce dell’IDF quando dichiarano che essi sapevano che negli ospedali, nelle scuole, negli asili rasi al suolo erano nascosti guerriglieri, armi, posti di comando della resistenza palestinese. Tanto più che le “prove” di tutto ciò le forniscono appunto i servizi segreti israeliani, senza possibilità di verifica ad opera di terze parti. 

L’ ELIMINAZIONE DELL’ INFORMAZIONE LIBERA

L’ IDF  infatti non vuole testimoni degli atti criminali che compie, per cui da un lato impedisce l’accesso a Gaza dei giornalisti occidentali sostenendo che non ne potrebbe garantire l’incolumità, dall’ altro ne ha uccisi quasi 120 arabi che già si trovavano sul posto.

Ma in fondo tutte le argomentazioni sulla “guerra asimmetrica” (un esercito regolare costretto a combattere contro bande di fanatici che si mimetizzano vigliaccamente tra i civili) portate da Israele per avallare la carneficina in corso, in Italia le conosciamo bene. Sono molto simili infatti a quelle sostenute ai tempi della Resistenza dai nazisti e dai fascisti per giustificare Marzabotto, Sant’ Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine, quando accusavano i “vili partigiani” di farsi scudo della popolazione innocente, ecc.. 

 NETANYAHU E I SUOI HANNO UN PIANO

Al di là della macabra contabilità dei morti e dei feriti, o degli aspetti “tecnici” del conflitto, è necessario insistere sul fatto che il problema della Palestina è politico e non è nato il 7 ottobre 2023. E gravissime sono le responsabilità dell’ Occidente per ciò che sta accadendo.

Netanyhau e gli altri leader dell’estremismo religioso ebraico attualmente al governo di Israele, hanno un piano, mai nascosto del resto agli elettori, che li hanno a maggioranza democraticamente scelti. Tale piano risale, andando a ritroso nel tempo, a Sharon, a Shamir, a Begin e agli altri leader del Likud, partito erede dell’Irgun, l’organizzazione terroristica ebraica che operò in Palestina dal 1931 al 1948 nel corso del mandato britannico. Il piano è semplice: costruire la Grande Israele (“Eretz Israel”) “dal fiume al mare” promessa da Yahweh al popolo eletto, che comincia dal Giordano, occupa tutta la Samaria, tutta la Giudea e finisce sulle coste del Mediterraneo. Nella Grande Israele ai Palestinesi semplicemente non viene riconosciuto il diritto di essere un popolo. Essi devono o viverci dentro in condizioni di apartheid drammatica (come tocca al 20% di popolazione araba-israeliana), oppure essere collocati in prigioni a cielo aperto come Gaza (dove la popolazione è passata da mezzo milione a due milioni e mezzo di abitanti perché, a partire dal 1948, vi sono confluiti i profughi di altre zone della Palestina cacciati dagli Ebrei per rendere più “omogeneo” il loro territorio)  e la Cisgiordania (dove l’ Autorità Nazionale Palestinese ha meno poteri di un Consiglio comunale italiano). Ma meglio ancora sarebbe- come hanno ripetutamente affermato i capi dei partiti estremisti decisivi per la sopravvivenza del governo Netanyahu- deportare i Palestinesi o in Congo o nel deserto del Sinai.

LA CATASTROFE DEL SIONISMO   

Quanto sta accadendo oggi in Palestina e nel Libano segna la catastrofe definitiva del sionismo, movimento politico-religioso, sviluppatosi alla fine del sec. XIX in seguito all’inasprirsi dell’antisemitismo in Europa. L’ obiettivo originario del sionismo era quello di ricostituire uno stato che offrisse agli Ebrei dispersi nel mondo una patria comune. Nel sionismo vi erano due correnti: una componente umanitaria, che cercava, mischiando un po’ di religiosità e un po’ di speranze socialiste, di trovare un posto dove far vivere tutti gli Ebrei senza l’incubo dei pogrom che all’epoca imperversavano nell’ Europa cristiana ortodossa e dei sospetti o denigrazioni diffusi anche nei Paesi occidentali. Il principale esponente di tale corrente e uno dei fondatori del sionismo stesso, Theodore Hertzl, sarebbe stato disposto ad accettare la proposta fatta agli inizi del Novecento dal governo della Gran Bretagna di far stanziare gli Ebrei in una parte dell’ Africa Orientale Britannica-nell’ attuale Kenya- disabitata e adatta agli insediamenti agricoli per il clima temperato.

Ma vi era nell’ambito del sionismo anche una componente religiosa estremista e razzista, che sosteneva che Yahweh aveva assegnato al suo popolo la terra di Israele e aveva dato ad esso il potere, la spada, le punizioni da somministrare. Ed è proprio di questa corrente che gli attuali governanti di Israele sostenuti dalla maggioranza dei cittadini che li hanno votati è la diretta continuazione.

Per il resto, il sionismo di “sinistra” oggi è quello rappresentato dal presidente laburista Herzog, che firma sorridente le bombe che verranno sganciate su Gaza e da Yair Golan, il nuovo leader emergente del laburismo israeliano, che ha stravinto le primarie del partito con oltre il 95% delle preferenze, unificandolo alla formazione marxista Meretz, ma che è fra i primi a sostenere la necessità di un’invasione di terra del Libano.

Mentre i gruppi di sinceri pacifisti ebrei israeliani costituiscono una sparuta ed ininfluente minoranza. In una società completamente militarizzata, le manifestazioni contro Netanyahu che abbiamo visto e vediamo per le strade di Tel Aviv riguardavano prima del 7 ottobre 2023 questioni inerenti ai suoi procedimenti giudiziari per casi di corruzione ed oggi la liberazione degli ostaggi, non la “questione palestinese”.

I PALESTINESI NON VOGLIONO LAVORARE?

La manfrina propagandista sull’ incapacità dei Palestinesi ad organizzare strutture in grado di gestire il territorio è pienamente funzionale agli obiettivi del sionismo.

Chiunque si documenti sulle condizioni in cui si viveva anche prima del 7 ottobre 2023 a Gaza e Cisgiordania sa che pretendere il funzionamento “efficiente” di qualcosa che assomigli ad una vita socio-economica regolare in una simile situazione è semplicemente una provocazione.

IL RUOLO DEI COLONI

Decisiva risulta in questo contesto l’azione svolta dai “coloni”, fanatici religiosi cui tutto è permesso sotto la protezione dell’IDF. Nelle zone illegalmente annesse da Israele dopo la Guerra del 1967 e lasciate al loro destino dalle potenze occidentali per rendere impossibile ai Palestinesi di vivere nella propria terra, i coloni sono invasori che bruciano case e rubano terre, capre, olive,  potendo arrivare anche ad uccidere.

I loro quotidiani assalti impediscono in Cisgiordania anche un normale svolgimento dell’ attività politica, tanto che varie volte l’ ANP è stata costretta a rinviare le elezioni indette.

Ma nessun colono è stato condannato dalle corti di giustizia israeliane per gli atti criminali compiuti. E un raffronto tra il numero di civili Palestinesi eliminati da coloni e IDF e il numero di Ebrei uccisi dai guerriglieri dopo il 1967 rende l’idea delle proporzioni delle violenze perpetrate.  

Inoltre mettere in galera, costringere a fuggire la parte più razionale della classe dirigente palestinese- come hanno fatto le autorità d’ occupazione israeliane nel corso degli ultimi decenni- non può che favorire l’affermazione di gruppi fondamentalisti come Hamas.

Insomma, se Israele occupa dal 1967 terre che il diritto internazionale dichiara non sue e si rifiuta di restituirle, non è certo per difendere le libertà civili, i diritti  delle donne arabe che non vogliono portare il velo ed altre amenità propinateci dalla propaganda sionista, ma perché non vuole riconoscere ai Palestinesi quel diritto di esistere come popolo che invece vuole sia riconosciuto agli Ebrei di Israele.

IL PUNTO E’ POLITICO

Le responsabilità storiche dell’ Europa e degli USA per la degenerazione in atto nell’ area medio-orientale sono gravissime. L’ idea di esportare in stile americano democrazia e ideali da imporre ai musulmani, perché la loro cultura non ci piace, non va bene. Lasciare che all’ interno di un popolo si affermino valori diversi dai nostri e che un popolo conduca la sua lotta di liberazione con gli strumenti che ritiene più idonei a raggiungere lo scopo, significa esercitare quel minimo di razionalità che, se viene violata, produce risultati devastanti (pensiamo all’ Iraq o all’ Afghanistan).

E’ un problema di relazioni internazionali che l’Occidente è meglio che capisca se non vuole essere travolto da se stesso.

Resta la prospettiva che la Palestina martoriata e devastata di oggi possa tornare alla Palestina di fine Ottocento, prima dell’avvento del sionismo, dove musulmani, ebrei e cristiani convivevano serenamente insieme. Per contribuire alla realizzazione di questa speranza dovrebbe agire l’ Occidente.

FILIPPO RONCHI