UNA SITUAZIONE LOCALE COMPLICATA
Non occorreva essere dei veggenti per sapere che ciò che avevamo previsto nel nostro articolo di inizio agosto “A settembre viene il bello” rispetto alla esplosiva situazione dei trasporti pubblici, a Brescia e nella provincia, si sarebbe avverato.
E così è stato. Non appena sono ricominciate le normali attività lavorative e scolastiche, il fronte è diventato incandescente.
Per la verità ai primi di settembre il direttore e il presidente dell’ Agenzia Tpl di Brescia, l’ Amministratore di Brescia Trasporti, i vertici di Arriva Italia, che si occupa del trasporto extraurbano, avevano cercato di rassicurare l’ utenza, garantendo che la programmazione sarebbe stata calibrata sulle esigenze delle scuole, che si prospettavano mesi tranquilli, che problematiche particolari non ce n’ erano, che si stava lavorando per organizzare il servizio in modo da poter soddisfare al meglio le esigenze di lavoratori e studenti, che il trasporto pubblico sarebbe stato il fiore all’ occhiello della Leonessa.
Quando però è arrivato il momento dei riscontri concreti, l’amara realtà è tornata a farsi sentire: sovraffollamento di autobus e pullman negli orari di punta tale da costringere i conducenti spesso a tirare dritto dopo qualche fermata, ritardi, annullamenti soprattutto al sabato di corse da e per varie zone della provincia, proteste, studenti degli istituti superiori per i quali arrivare a scuola e tornare a casa diventa un’impresa defatigante e complessa.
LO SCIOPERO NAZIONALE
In questo contesto, venerdì 20 settembre, si è collocato lo sciopero nazionale del comparto proclamato dai sindacati USB e Cobas, che ha riscosso un’adesione ancora maggiore di quello già effettuato il 9 settembre dai confederali. I numeri raccontano infatti di un’adesione complessiva in provincia intorno al 60%, ma in Brescia Trasporti addirittura l’ 80% dei dipendenti ha risposto alla chiamata delle organizzazioni di base. E’ chiaro che una simile partecipazione- la quale ha pur sempre rispettato le fasce orarie protette- un massiccio effetto l’ha prodotto in città.
A livello nazionale, si è trattato di una giornata di mobilitazione inevitabile, per rivendicare salario, sicurezza e diritti: queste, ad esempio, le parole d’ordine lanciate da USB per la sua piattaforma di rinnovo contrattuale, presentata ad istituzioni ed associazioni datoriali. Dall’altra parte, fin ora, si è visto solo il tentativo continuo di smantellare le tutele per i lavoratori della categoria, in particolare in materia di lavoro usurante con l’innalzamento dell’età per accedere alla pensione. Quello che andrebbe fatto, invece, è mettere in discussione il sistema degli appalti, che brucia miliardi a favore di padroni, cooperative e consorzi: un fenomeno che sta portando il sistema del trasporto pubblico locale al collasso, tramite la privatizzazione e la messa a profitto di un servizio essenziale.
LA PROTESTA A BRESCIA
Per quanto riguarda la condizione di Brescia in particolare, durante un sit-in organizzato in via Marconi sotto la sede del Tpl, alcune decine di lavoratori e rappresentanti sindacali del settore hanno spiegato le ragioni della protesta, attuata per denunciare problemi che non sono più occasionali, ma che hanno assunto caratteristiche strutturali. La situazione è infatti diventata insostenibile: salari da fame, un contratto collettivo non rinnovato dal 2015, un contratto di mobilità di secondo livello che risale al 1942 (!), turni massacranti che, tra ore di guida e spostamenti, arrivano a toccare le 10 ore. Tutto ciò ha pesanti ricadute negative anche su un altro aspetto fondamentale, quello delle nuove assunzioni.
Il lavoro particolarmente stressante dal punto di vista psicofisico del conducente di autobus e pullman, con un solo giorno di riposo a settimana, che si ritrova ad avere una assenza assoluta di equilibrio tra vita personale e lavorativa, e un riconoscimento economico inadeguato, non risulta assolutamente attrattivo. La conseguenza è che le difficoltà nel trovare nuovo personale per le aziende diventano sempre maggiori.
Ma le politiche del Comune di Brescia in questo senso sono consistite non nell’ adeguare gli stipendi o nel rendere più sopportabili i carichi di lavoro, bensì in nient’altro che cercare di tamponare in qualche modo la situazione. La risposta alla crisi è stata infatti nel tagliare 108 ore di corse al giorno nel capoluogo. Come se non bastasse, Brescia Trasporti ha appaltato tre linee del servizio a ditte private, perché appunto non riesce a reperire nuovi autisti. Non sono queste le soluzioni per i sindacati di base.
Affibbiare turni massacranti durante il servizio, diminuire le ore di guida anziché aumentare lo stipendio, subappaltare sono solo espedienti che si traducono in un peggioramento del servizio per gli utenti, a conferma che qualità del lavoro e qualità dell’ offerta pubblica risultano indissolubilmente legati, così come la leva per provare ad attrarre nuovi lavoratori è innanzitutto quella economica.
La protesta e le proposte dei sindacati di base hanno assunto quindi un significato importante sia perché tenutesi nella “Settimana della Mobilità Sostenibile” la cui responsabilità è in gran parte affidata proprio ai lavoratori del trasporto pubblico, sia perché ha ottenuto una grande adesione nell’ anno in cui il diritto di sciopero, causa precettazioni del ministro dei Trasporti Salvini cui il Tar ha dato peraltro torto, è stato messo seriamente a rischio.
E non è che l’inizio, perché se la situazione non si sblocca per i prossimi mesi sono in cantiere ulteriori mobilitazioni.
“Potere al Popolo!” di Brescia è a fianco dei lavoratori in lotta, ai quali esprime piena solidarietà, perché la loro lotta è la nostra lotta, quella di tutti coloro che credono nella dignità del lavoro ed in servizi di trasporto pubblici di qualità per tutte e tutti.
DARIO FILIPPINI